Democrazia condivisa, alla ricerca delle norme sociali del convivere Possibile


Siamo di fronte a una sfida importante, che Possibile ha già intrapreso e che gli altri partiti non hanno, nella loro miopia, nemmeno rilevato. E’ un’evoluzione che investe il modello democratico nelle sue strutture tradizionali e che si domanda sul suo futuro, chiedendo come superare una concezione essenzialmente “antagonistica” fra governo della cosa pubblica (res publicae) e società sociale ed economica (non società civile, si noti). Un dibattito tra centralità e periferia, tra luoghi di governo centrale e governo periferico.

E’ la nuova sfida di analisi e proposizione della scienza politica: passare dalla semplice analisi storica, che studia gli elementi e gli attori che disegnano la transizione da un regime non democratico a uno democratico, alla definizione degli elementi caratterizzanti che definiscono una buona democrazia, una volta validata.

Per questo, dopo un lungo e tormentato periodo (vent’anni di Berlusconismo e Pdismo) in cui, nella discussione politica, hanno imperato la sensibilità e la concentrazione sugli elementi di processo della democrazia, che assegnano ai militanti e agli individui non iscritti a partiti politici null’altro che un’opzione, quella di accettare o rifiutare la compagine di governo, oggi Possibile studia altri percorsi e un’idea democratica condivisa che si espliciti rispetto a un modello più complesso.

Fra i caratteri fondativi di una democrazia condivisa, come sta emergendo sempre con più precisione (grazie anche al fantastico momentum che vede tutte le piazze d’Italia impegnate), la partecipazione dei militanti, in primis, e degli individui, in secundis, ricopre uno spazio sempre più centrale: il significato di condivisione s’innerva, infatti, completamente in una visione di democrazia (non solo rappresentativa) da risultare uno dei suoi elementi più rilevanti, da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo, quasi una scelta di campo (sic!), rispetto alla quale ruotano concezioni e prospettive diverse della convivenza sociale, civile ed economica.

La distanza tra mondi sociali, civili ed economici e istituzioni della politica trova il suo principale ostacolo alla sua riduzione nella difficoltà della democrazia attuale (in particolare quella che ha alzato il PD in questi ultimi mesi) di sviluppo pieno e maturo di una cultura vera della condivisione, che ne rappresenti un elemento caratterizzante, allineando l’ideale di una realtà economico-sociale in possibilità di auto-determinarsi. Questo perché la democrazia condivisa è il pieno allineamento tra fautori e destinatari delle norme, tra il legislatore e il cittadino.

Trattare di condivisione democratica, se da un lato richiede di entrare in un sentiero di montagna di cui conosciamo solo la traccia, dall’altro porta inevitabilmente ad avventurarsi, per dire, in un’iniziativa “fondativa”, alla continua ricerca di norme e regole di cooperazione e collaborazione più coerenti con la struttura relazionale del capitale sociale di un individuo, e quindi più fruibili per la sua realizzazione in un tessuto sociale ricco di qualità umane.

Ergo, la condivisione democratica affronta un diritto incomprimibile di ogni essere umano, quello di esistere all’interno di una comunità.

Lo studio della condivisione democratica fornice alcuni elementi utili. Il concetto di condivisione presenta due caratteri parimenti importanti: “prendere parte”, ma anche “sentirsi parte”.

Non si è parte se non si fa parte di un progetto.

Contemporaneamente, la cittadinanza condivisa aumenta e si sviluppa se tutti comprendiamo l’utilità di agire concretamente l’uno accanto all’altro, l’uno a favore dell’altro.

Possibile ci sta provando.

Il tratto caratterizzante di Possibile, del suo modello condiviso, sta nel prevedere non soltanto le elezioni politiche, ma anche la partecipazione istituzionale dei militanti e degli individui alla piattaforma programmatica. Quindi un modello condiviso non generico, ma puntuale, riferito direttamente alla loro condivisione istituzionale.

La condivisione dovrebbe, allora, avere i seguenti elementi caratterizzanti:

  1. si definisce in istituti e procedimenti formalizzati e tipizzati dal diritto (in genere, dalla Costituzione o dalle leggi nazionali);
  2. si privilegia l’attivazione, il perfezionamento dei procedimenti decisionali condivisi (in particolare, di quelli politici);
  3. si articola la piena realizzazione di specifici diritti politici;
  4. si pratica attraverso il contributo di tutti i militanti e dei cittadini, a prescindere dalla loro appartenenza a qualsiasi gruppo sociale e, preferibilmente, in base alla sola condizione di essere titolari dei comuni diritti politici.

Questo vuol dire che Possibile parte dalle seguenti riflessioni:

  1. la democrazia diretta si ha solo in presenza di precise condizioni;
  2. che, se così non è, non possiamo parlare di forme di governo democratico condiviso attualmente sperimentate (vedi il Movimento 5 stelle, con la democrazia pseudo partecipativa via rete), né di istituti di democrazia diretta previsti dalla nostra Costituzione;
  3. che la condivisione alla quale ci si riferisce non è quella (di singoli o di gruppi) ai processi decisionali pubblici e che non si traduce “direttamente in atti giuridici che concludano un procedimento”, ma quella che si realizza quando anche la stessa decisione è assunta “dal basso” (come accade, ad esempio, proprio con i referendum abrogativi).

Un nuovo mondo è Possibile.

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